La musicoterapia è un intervento terapeutico che fa utilizzo dello stimolo sonoro/musicale come strumento di mediazione nella relazione tra paziente e terapista, con numerosi campi di applicazione. Più precisamente la musicoterapia può essere considerata un intervento specifico in tutti quei casi in cui esista un disturbo qualitativo e/o quantitativo della sfera emotiva e delle relative competenze espressive, comunicative, relazionali ma non solo. Essa infatti è utilizzata non solo in ambito psicologico e psichiatrico ma anche nella riabilitazione motoria, nel miglioramento della qualità di vita per pazienti con malattie gravi o invalidanti, nel Parkinson o a seguito di un ictus, si è rivelata efficace nella terapia occupazionale, nella terapia del dolore, e ancora in altri ambiti di intervento.
Sono diversi i modelli che nell’arco degli anni si sono sviluppati nell’approccio musicoterapico e ognuno rispecchia le numerose correnti di pensiero che possiamo trovare anche in ambito medico o psicologico, partendo dalla psichiatria, passando per la psicologia dinamica, fino ad arrivare alle neuroscienze.
I 5 modelli musicoterapici internazionali sono:
- La musicoterapia Benenzoniana, tecnica attiva basata sull’improvvisazione in un contesto non verbale e indicata per pazienti affetti da disturbi della comunicazione, o disturbi di natura organica/psicogena. Qui il musicoterapista deve avere un atteggiamento non direttivo. La teoria su cui si fonda questo modello fa riferimento ai concetti della psicologia dinamica e di quella sistemica ed il suono viene utilizzato per fini regressivi, catartici, per aprire quindi, canali di comunicazione. Di fondamentale importanza per i processi diagnostici e terapeutici sono l’unità uomo-suono e il concetto di ISO, ovvero il fenomeno interno che riassume tutte le esperienze sonore di ciascun essere umano, una sorta di identità sonora che ci distingue gli uni dagli altri. Questa identità sonora cresce e si sviluppa nel tempo. E’ un principio dinamico che dipende da diversi fattori. L’ISO si può distinguere in: ISO universale, ad esempio il ritmo cardiaco, la respirazione, la voce materna (inconscio); ISO gestaltico, un riassunto della vita sonora del soggetto (inconscio); ISO culturale, tipico dell’etnia di provenienza (preconscio); ISO gruppale, relativo ad un insieme di soggetti; ISO complementare, che gestisce il rapporto tra ISO gestaltico e ISO culturale. Questo tipo di terapia si fonda sulla ricerca dell’ISO, dell’oggetto intermediario e dell’oggetto integratore. L’oggetto intermediario è uno strumento di comunicazione capace di incidere terapeuticamente sul paziente senza innescare livelli di allerta troppo intensi. Questo oggetto intermediario (suono o strumento musicale) subentra tipicamente nelle sedute individuali ed è l’elemento che consente l’interazione tra terapista e paziente, mentre l’oggetto integratore è tipico delle sedute di gruppo ed è tipicamente lo strumento musicale del leader del gruppo. Il modello Benenzon è il più utilizzato durante le sessioni di musicoterapia per l’autismo, per le persone in coma e per le persone affette da Alzheimer.
- La musicoterapia comportamentale e cognitiva, sviluppatasi alla fine degli anni ’60, grazie a Clifford Madsen mira alla modificazione di certi comportamenti ed alla modulazione di altri, utilizzando tecniche sia attive che passive. Vi è l’utilizzo dei rinforzi (positivi e negativi), di strategie come l’esposizione, l’estinzione e la desensibilizzazione, utilizzando sempre la musica come mezzo. Il suo fine è sviluppare strategie cognitive idonee ad affrontare i problemi che affliggono il soggetto che si rivolge al terapista. Questo modello si base sul principio stimolo = risposta. E’ sempre lo stimolo musicale che aiuterà il terapeuta a trovare la risposta adeguata, concreta e immediata.
- La musicoterapia creativa Nordoff-Robbins, modello sviluppatosi tra il 1959 e il 1976 per opera del compositore Paulo Nordoff, è una tecnica attiva basata sull’improvvisazione che prevede la presenza di due musicoterapisti particolarmente adatta per bambini con problemi fisici, affettivi o cognitivi. Il primo musicoterapista si relaziona con il paziente mentre l’altro improvvisa allo strumento. E’ necessario che il musicoterapeuta abbia elevate competenze musicali. L’incontro prevede tre fasi: la prima di incontro e rispecchiamento, la seconda di induzione della risposta e della produzione musicale, la terza di sviluppo delle abilità musicali ed espressive. E’ una terapia che viene spesso fruita in gruppo.
- La musicoterapia analitica di Mary Priestley, la violinista che nel 1975 introdusse questo modello fondato dall’unione di psicoanalisi e musicoterapia. E’ uno dei pochi modelli che si base sull’uso della parola insieme alle improvvisazioni non non verbali come la danza. Richiede una formazione psicoterapica o analitica del terapista e utilizza lo stimolo sonoromusicale come strumento introspettivo per l’evoluzione psichica del paziente. Le fasi dell’intervento sono quattro: la prima prevede l’identificazione di un problema o tema, la seconda la definizione dei ruoli improvvisativi dei partecipanti, la terza è quella dell’improvvisazione e la quarta prevede la discussione dell’esperienza da parte dei partecipanti.
- L’immaginario guidato e musica (GIM), anche questo modello basato su correnti umaniste, creato nel 1973 da Helen Bonny, richiede una formazione psicoterapica ed utilizza un metodo ricettivo per stimolare l’immaginario del soggetto, utilizzando la mediazione verbale. Le fasi di intervento sono tre: la prima è una fase di rilassamento, la seconda fase è il processo immaginativo guidato dal terapista attraverso la musica, la terza ed ultima fase è la fase in cui il soggetto interiorizza l’esperienza e ne parla. La persona che guida la sessione deve essere fortemente empatica, non deve indirizzare né interpretare ma lasciare che il paziente faccia le proprie associazioni di immaginazione su un dato stimolo sonoro. Solitamente viene utilizzata musica classica.
Tra i teorici italiani, invece, ci sono:
- Lorenzetti, che utilizza un approccio di natura psicodinamica individuando negli elementi del suono, del ritmo e del movimento un’esperienza primaria di comunicazione tra madre e feto e quindi canale per la comunicazione terapeutica.
- Postacchini, anch’esso afferente al filone psicodinamico, utilizza l’elemento sonoro-musicale come parametro relazionale non verbale per costruire la relazione terapeutica. Questa relazione è finalizzata all’integrazione spaziale, temporale e sociale del paziente.
- Scardovelli, prende spunto da diverse teorie come la pragmatica della comunicazione, la programmazione neurolinguistica, la psicologia umanistica e la teoria dell’attaccamento. Il paziente effettua un percorso esplorativo all’interno di una “cornice” che rappresenta una base sicura (Manarolo 2006).
Altri modelli rilevanti sono:
- Il modello di libera improvvisazione di Alvin, diffuso da Juliette Alvin musicoterapeuta e violinista inglese, si basa su tre approcci: clinico, ricreativo ed educativo. Gli obiettivi principali di questi tre approcci sono: autoliberarsi, stabilire relazioni con il mondo, sviluppare l’area fisica, intellettuale e socio-emotiva.
- Il modello di improvvisazione sperimentale di Bruscia, sviluppato da Kenneth Bruscia nel 1978 nella forma laboratorio di sperimentazione nella danza.
A questi modelli possiamo aggiungere la Neurologic Music Therapy che fa riferimento alle teorizzazioni di Thaut.
Da quanto emerge esistono due approcci fondamentali per la MT: quello attivo e quello passivo. Il primo vede il soggetto coinvolto sia emotivamente che fisicamente nell’interazione sonoro-musicale e ciò è possibile nella maggioranza delle patologie che non limitano il soggetto a livello motorio. La seconda può essere utilizzata ugualmente su un’ampia popolazione di pazienti, compresi coloro che sono allettati o, addirittura, in coma; questo perché il paziente è coinvolto solamente nell’ascolto dell’elemento sonoro-musicale che gli viene proposto. Dunque Ascolto e Produzione musicale sono gli strumenti del musicoterapeuta.
DIFFERENZE: Mentre la musicoterapia attiva utilizza l’improvvisazione come strumento principale d’interazione, la musicoterapia recettiva utilizza l’ascolto ma non si tratta mai di un ascolto passivo, bensì di un processo creativo della mente.
La musicoterapia viene inoltre utilizzata con persone che hanno bisogno di pedagogia speciale, grazie ai benefici prodotti dalle attività di musicoterapia in quelle aree in cui alcune categorie di persone presentano particolari difficoltà. Alcuni obiettivi specifici sono:
- Sviluppare la coordinazione motoria: ballare ed imitare i movimenti a ritmo di musica aiuta a migliorare il coordinamento delle diverse parti del corpo.Inoltre, utilizzando le parti del corpo come strumento (il battito delle mani, lo schiocco delle dita,…) si scoprono possibilità sonore e ritmiche provenienti dal nostro stesso corpo. Viene stimolata la motricità fine a se stessa attraverso la creazione e l’uso degli strumenti, si sviluppa il senso del ritmo, dello spazio, del tempo e la propria posizione nei confronti degli altri.
- Diminuire eventuali comportamenti ripetitivi, spostando l’attenzione sui movimenti ritmici, con l’obiettivo di distogliere l’attenzione da eventuali automatismi comportamentali.
Musicofilia si dice di chi ama la Musica.
- Coinvolgere e riconoscere il proprio corpo per ottenere un’immagine di se stessi più veritiera attraverso canzoni e danze, imparando a gestire il corpo e a spostarsi nello spazio, a lavorare sull’espressività, permettendo a ciascuno di scoprire il proprio linguaggio corporale.
- Lavorare sull’attenzione e sulla concentrazione, dal momento che la musica è ritenuta uno stimolo uditivo in grado di indirizzarle meglio rispetto ad altri stimoli sensoriali.
- Aumentare la memoria grazie alla capacità della musica di evocare e facilitare il recupero dei ricordi e alle proprietà di immaginazione favorite dalle danze, dalle canzoni ed interpretazioni.
- Sviluppare il linguaggio e l’espressione orale attraverso l’articolazione, la vocalizzazione e accentuazione, ecc. La musica viene utilizzata per controllare la loquacità eccessiva o ridurre la frequenza e l’intensità dei toni di voce troppo alti.
- Fornire nuovi spunti di interesse relazionati con la musica e stimolare attività fisiche ed emotive acquisendo competenze e mezzi di espressione corporale, strumentale e spaziale.
- Favorire nuove forme di comunicazione e facilitare le relazioni in cui non vi è contatto verbale ma solamente visivo; aumenta l’impegno, la spontaneità nell’instaurare relazioni, il rispetto verso gli altri, l’attenzione combinata e l’empatia. Risulta pertanto molto utile per quelle persone che hanno difficoltà nell’esprimersi verbalmente. In questi casi specifici, per preparare le sessioni di musicoterapia, è sempre necessario prendere in considerazione i destinatari, le caratteristiche e le problematiche.
Sia per le sessioni di gruppo sia per quelle individuali, l’obiettivo è adattarsi alle esigenze di ciascuno. Una sessione di musicoterapia per una persona con difficoltà intellettuali e difficoltà di comprensione, è completamente diversa da una sessione per una persona ipo-udente con difficoltà di accesso ai suoni. Attraverso la musicoterapia, queste persone migliorano la comunicazione, le relazioni, l’apprendimento, il movimento, l’espressione e l’organizzazione. Per questo, grazie ai suoi numerosi benefici, è una terapia molto utilizzata nel campo delle disabilità.
Grazie alla sua comprovata capacità di influenzare una serie di processi neurali, tra cui emozioni, umore, memoria e attenzione, la musica è adatta in modo univoco a servire come strumento terapeutico per l’intervento psicologico. Dal punto di vista legislativo in Italia la musicoterapia rientra ancora tra le discipline olistiche ma non è riconosciuta a tutti gli effetti come professione sanitaria nonostante sia utilizzata negli ospedali, e presso centri statali e parastatali.
Oggi la musicoterapia viene utilizzata per trattare una vasta gamma di disturbi mentali e fisici, tra cui dolore acuto e cronico, trauma cerebrale, disturbo dello spettro autistico, demenza, schizofrenia e disturbi dell’umore e dell’ansia. Studi clinici controllati hanno dimostrato che la musicoterapia, in combinazione con le cure mediche standard, ha un effetto positivo significativo sui vari sintomi associati a queste malattie.