Conosci te stesso. É la frase che riassume la filosofia socratica. L’uomo ha a disposizione una vita intera per conoscere se stesso ed indagare, non solo ciò che è in superficie ma il suo Io più profondo, il vero sé, il suo inconscio eppure questo percorso di conoscenza del sé non é facile anzi si tratta spesso di un percorso accidentato, tortuoso, difficile da praticare.
L’arte però rappresenta una corsia preferenziale per intraprendere questo viaggio di conoscenza, non solo per l’artista che s’indaga, che si svela suo malgrado ma anche per coloro che osservano l’opera dell’artista. Come uno specchio, infatti, l’opera d’arte ci pone difronte alle nostre paure, ai nostri desideri, alle nostre proiezioni. L’artista con la sua opera ci offre una piccola finestra da cui guardare il suo animo, la sua psiche ma come lo specchio di Alice veniamo risucchiati dalla nostra stessa curiosità, lo specchio ci ingloba mostrandoci il nostro stesso riflesso.
E allora conosciamo noi stessi attraverso l’arte, strumento potentissimo di indagine dello spirito e della psiche.
Lo sapeva bene anche Freud che durante tutta la sua attività scrive saggi sull’arte oltre che sulla letteratura e il linguaggio. Nasce proprio nell’800 la Psicologia dell’arte grazie agli studi di Gustav Theodor Fechner.
La psicologia dell’arte è una disciplina che si occupa di indagare e spiegare i processi psicologici coinvolti nelle esperienze di produzione e di fruizione di un’opera d’arte.
Campo d’analisi della psicologia dell’arte sono soprattutto le arti figurative, ma non meno importanti sono gli studi e le ricerche in ambito letterario, nonché in quello musicale, cinematografico, fotografico, teatrale. L’obiettivo della psicologia dell’arte è cercare di individuare e comprendere quali processi mentali siano coinvolti nella produzione artistica, quali fattori determinino la poetica e le peculiarità di un artista, ma anche quali processi psicologici caratterizzino la fruizione, l’apprezzamento o il non apprezzamento estetico, e i sentimenti di empatia o simpatia.
Appare evidente che sin dalle sue origini la psicoanalisi (che cerca di indagare la psiche) indaga i significati inconsci di cui l’opera è portatrice, significati, cioè, che possono andare oltre le intenzioni dell’autore.
E allora proviamoci! Di seguito propongo l’analisi di un quadro che mi è stato sottoposto durante un bellissimo evento culturale svolto presso la Quadrarum Art Gallery di Roma e che serve oggi al nostro esperimento:
Percorso accidentato di Mariagrazia Zanetti
Per introdurre questo quadro è necessario fare una premessa.
Percorso Accidentato è indubbiamente un quadro evocativo che racchiude al suo interno la rappresentazione della stessa natura umana, di quel mondo meraviglioso e affascinante che é la nostra mente.
Dove si trova la nostra mente? Nel nostro cervello. E come è fatto il nostro cervello? Il cervello umano è una massa di materia grigia divisa in due emisferi: l’emisfero destro e l’emisfero sinistro. L’emisfero destro è quello deputato alle attività artistiche, alla fantasia, alla creatività, mentre quello sinistro è in grado di elaborare e processare dati e informazioni in modo analitico-razionale. Percorso Accidentato ritrae due paesaggi di montagna, diversi, divisi. A sinistra è possibile scorgere cime di montagne innevate mentre a destra compare un massiccio montuoso di roccia scura, lavica forse. Ed è così che quest’opera ci offre in maniera più o meno voluta o conscia da parte dell’artista, due anime di un paesaggio diviso, come divisa è la nostra mente, il nostro cervello appunto. A sinistra la montagna innevata, fredda come le funzioni del calcolo matematico del nostro emisfero sinistro, a destra la roccia scura, come la pietra lavica, viva, dolorante.
Ghiaccio e Fuoco, ragione e sentimento, l’eterna dicotomia di cui l’essere umano è costituito ed é rappresentante. Da un lato la fredda razionalità e dall’altro l’irrazionalità passionale, pericolosa a volte, si perché è creativa, folle e fumante l’irrazionalità, impervia come una stradina di montagna, minacciosa. Come pure minaccioso è il profilo antropomorfo che sembra stagliarsi sulla montagna scura. Un volto indefinito ma che appare ostile, sofferente: un monito forse per il viandante che si trova ad affrontare un percorso accidentato?
I due paesaggi diventano dunque rappresentazione della psiche umana, l’abbiamo detto, divisa. I due emisferi del nostro cervello sono divisi, si, eppure collegati tra loro dal corpo calloso, una sorta di autostrada che consente il trasferimento di informazioni da un emisfero all’altro, una strada che si dirama in una miriade di connessioni neurali. Anche qui tra i due paesaggi montuosi c’é un collegamento, ma forse è al momento impraticabile per l’artista, un percorso accidentato che rende incomunicabili i due emisferi, quello della ragione e quello dei sentimenti. Il pensiero è cristallizzato come acqua ghiacciata che sgorga dalla montagna. Il fluire dell’acqua o del pensiero appare momentaneamente cristallizzato in forme geometriche, come il risultato di un esperimento di Masaru Emoto e simbolo, potrebbe darsi, di una razionalità estrema, incapace di conciliarsi con le emozioni o con un dato sentimento, percepito o vissuto, forse, come una montagna scura e minacciosa? O viceversa é l’estrema razionalità la vera minaccia che rende accidentato questo percorso mentre tenta di prendere il sopravvento?
Questa tela ci pone difronte a numerose domande ed interpretazioni perché l’inconscio, lo sappiamo, opera in modi incredibilmente fantasiosi; è ermetico, evocativo, censurato, esibito, mostra senza dire come fa l’astrattismo di quest’opera affascinante, complessa, piena di significati nascosti ed esibiti. Quel rosso-violaceo, in un’esplosione di colore, sembra rimandare a Kandinskij e alla sua arte come mezzo per comunicare con lo spirito ed elevarlo e rappresenta forse l’incidente di percorso che rende impervia la comunicazione.
Mi sembra che sia sulla natura umana che Mariagrazia Zanetti s’interroghi e ci interroghi con il suo Percorso Accidentato: Come può la meravigliosa creatura che è l’essere umano conciliare questa sua doppiezza, se ogni parte di sé è scissa, divisa in due? Se persino la sua mente, la sua psiche é fatta di dualismo? Come può la fredda scienza dell’universo coesistere con la sua scintilla creativa, con l’esplosione cosmica del tutto irrazionale che l’ha generata?
E’ questa in definitiva la sfida che l’essere umano deve affrontare: vivere, essere nel mondo nonostante la sua scissione, praticare percorsi accidentati, districandosi e cercando di afferrare l’impossibile, diventare uno, non più diviso, ricongiungendo dentro e fuori di sé ragione e sentimento.